Titolo Originale: The Flame and the Arrow
Regia: Jacques Tourneur
Interpreti: Burt Lancaster, Virginia Mayo
Durata: 88′
Origine: Stati Uniti
TRAMA. In un feudo imprecisato della Lombardia negli anni della dominazione del Barbarossa, il solito signorotto governa con il pugno di ferro. La popolazione non può far altro che sottostare, tranne un montanaro di nome Dardo Bartoli. Già nelle sequenze iniziali il protagonista, una figura a metà tra Robin Hood e Gugliemo Tell, fa mostra della sua abilità con l’arco, abbattendo al volo il falco del conte Hess. Dardo ce l’ha con lui non solo per motivi politici, ma anche perché la sua bella l’ha abbandonato preferendo la comoda vita di corte. Messa da parte la perfida ex moglie, Dardo si intriga con la bella Anne, cugina del conte, e così la vicenda si sviluppa sul doppio filone amoroso e militare, per concludersi nella inevitabile, ma per nulla scontata, vittoria del paladino della giustizia. Girato quasi interamente negli studios della Warner, la ricostruzione ambientale è molto convincente per un film degli anni ’50. In particolare un arciere non può fare a meno di notare la pulizia e la dinamicità del gesto, che sicuramente è determinata da uno specifico addestramento. Burt Lancaster si muove con grande bravura e notevole agilità in un ruolo che evidentemente gli è molto congeniale, sia come arciere che come corteggiatore della fascinosa Virginia Mayo. Affiancato da un dinamico Nick Cravat nel ruolo di Piccolo, i due si daranno da fare per spingere contadini e boscaioli a ribellarsi al tiranno. Il film, a quanto ricordano le cronache, ebbe un grande successo di pubblico in Italia e si procurò anche una nomination agli Oscar, mentre la critica non è così generosa.
CRITICA. Fumettistica e variopinta incursione di Jacques Tourneur nei ritmi e colori del cappa e spada, scritta, con fantasiose licenze storiche, dal Waldo Salt che firmerà, tra gli altri, i copioni di Serpico, Il giorno della locusta e Tornando a casa, si rivela, però, un’operina meno ispirata e felice del previsto: lo spettacolo, infatti, è di modeste suggestioni e i brividi dell’avventura faticano a palpitare sullo schermo, stemperati nell’approccio giocoso della sceneggiatura alla vicenda narrata e nelle movenze buffonesche che caratterizzano la messinscena e la recitazione degli attori, senza, tra l’altro, possedere l’irresistibile leggerezza che accompagnerà, invece, gli stessi Burt Lancaster e Nick Cravat quando si ritroveranno insieme, due anni dopo, nel tripudio di atletica e sfrenata vitalità di Il corsaro dell’isola verde di Robert Siodmak. Restano le atmosfere affascinanti di alcune sequenze, i siparietti romantici tra Lancaster e Virginia Mayo e lo smalto scintillante della fotografia di Ernest Haller, per la quale il film ha avuto la nomination all’Oscar, insieme alla colonna sonora di Max Steiner. (Fabio1971, www.film.tv.it)
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