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   Mag 22

Una giornata da Capocaccia

Troppe cose cambiano in FIARC (a mio parere in peggio), ma il nome che fu scelto quasi trent’anni fa per designare gli arbitri è rimasto, praticamente unica testimonianza dello spirito iniziale dei Padri Fondatori.

Secondo le fonti oggi prevalenti, la FIARC delle origini aveva una cultura radicalmente venatoria, tanto che l’acronimo F.I.AR.C. (punteggiato) significava appunto Federazione Italiana ARcieri Cacciatori. Solo nel 1990, e cioè 7 anni dopo la sua fondazione, ma almeno 15 anni dopo i primi passi del nucleo di cacciatori con l’arco, mal digerito dalla dirigenza FITARCO, la parola “Cacciatori” scompare per lasciare il posto all’espressione “tiro di Campagna”, e la caccia rimane un elemento del tutto secondario, non solo nella vita dei singoli Arcieri, ma anche nelle caratteristiche delle competizioni.

Cionondimeno, l’arbitro continua a chiamarsi Capocaccia, e ad avere come allora una netta connotazione di volontariato puro accompagnato da grande intelligenza e competenza. Ho questa qualifica dall’estate del 1998, e da allora credo di aver svolto questo compito gravoso ma indispensabile almeno una trentina di volte, più due in competizioni nazionali, più una in competizioni internazionali. Per non parlare del ruolo che un Capocaccia (abbastanza) esperto ha in Compagnia nel tracciamento e nella posa delle gare.

Credo anche di essere, insieme al grande Walter Reynaud, tessera 1816, Capocaccia 52, uno dei più anziani in servizio effettivo nella mia Regione. Con questo, ogni sabato di servizio prima di partire mi ripasso tutte le regole, mi rileggo gli aggiornamenti (che da qualche tempo stanno diventando una vera mole), mi concentro sul tempo che farà per non sbagliare vestiario, e go.

Questo ho fatto lo scorso weekend. Ero comandato in servizio a Madonna del Sasso, località Buleto, dove con estrema puntualità mi aspettava il mio collega Gino Gattoni in compagnia di Silvano Stocco, entrambi Capicaccia di decennale esperienza, e di una nutrita squadra di tracciatori e posatori degli Arcieri della Tana dei Cinghiali, altrimenti nota come 01Bulè, capitanata dal neofita Riccardo Cassina.

La ricognizione.

Giove Pluvio ci graziò per le circa quattro ore della ricognizione, che si svolse senza particolari intoppi in un contesto di straordinaria bellezza. Le 24 piazzole di tiro erano posizionate con grande cura e ben ambientate. Tiri sicuramente impegnativi, ma onesti, trattandosi di una gara da 72 frecce. L’abbondanza dei bersagli posati (58), unita alla malizia di molti tiri, avrebbe reso certamente la competizione più eccitante. Se non fosse stato per qualche ramo che la pioggia battente dei giorni precedenti aveva curvato a coprire in parte i bersagli, e per il riposizionamento di un picchetto alloggiato in un mezzo pantano, avremmo fatto una vera e propria passeggiata. Con il suo contorno di belle chiacchiere un po’ rievocative e discussioni anche teoriche, in spirito di amicizia e collaborazione, e al tempo stesso senza mettere in secondo piano l’attenzione e la cura necessaria a un momento cruciale perché la gara si svolga poi senza incidenti.

Finito il giro, nella base logistica piazzata più o meno a metà percorso fervevano i preparativi per allestire dei tendoni in vista del probabile andamento climatico dell’indomani.

Minuto di silenzio.

E, come da previsioni, quel barlume di sole che domenica allietò gli animi dei primi arrivati non resse. Poco prima delle otto Gino era già in pista a controllare nuovamente il percorso. A me invece l’ingrato e noioso (ma comodo) incarico di presenziare alla conferma iscritti e al controllo delle tessere, in compagnia di Pamela Baucero, della sua figlioletta neonata Lucilla, e di Maria Vesalli.

Alle nove e mezza Riccardo effettuò la chiamata piazzole, preceduta da un minuto di silenzio in memoria delle vittime della strage di Brindisi.

Avviati gli Arcieri, ci distribuimmo lungo il giro per verificare sul campo lo stato di quelli che il regolamento chiama “materiali” e cioè archi e frecce; ed eventualmente mettere a punto qualche dettaglio, ovviamente senza modificare le caratteristiche dei tiri. Perché la regola fondamentale di una gara, che tutti dovrebbero rispettare e che invece molti calpestano con assoluta nonchalance, è quella di lasciare il tiro come lo si trova, affinché tutti possano competere alla pari. Un esempio: verso fine gara, nell’ennesimo giro sotto la pioggia battente, abbiamo trovato un bel sasso a mo’ di gradino piazzato dietro il picchetto della piazzola 14, dove era previsto il tiro in ginocchio. Fatta qualche considerazione sul tempo trascorso dal nostro ultimo giro, credo che almeno un centinaio di persone abbiano tirato appoggiando il ginocchio a terra, cercando di risolvere la difficoltà dello stare in ginocchio usando il semplice accorgimento di inclinare leggermente l’arco, come peraltro è previsto dai dettami dell’Introduzione Generale a tutti i Regolamenti FIARC, lettura evidentemente troppo ostica per una minoranza di persone tanto ignoranti quanto supponenti. Un furbacchione aveva invece pensato bene di metter una pietra in modo da sollevarsi di quasi 10 centimetri, e tirare così in condizioni migliori. Spero che le sue frecce siano volate male lo stesso, anzi che ne abbia rotte e perse tante. Non posso sapere chi è, se l’avessi visto gli avrei annullato il tiro e segnalato poi la cosa nella relazione. Ma il bosco è immenso, e la vigliaccheria di questa minoranza di “furbi” è altrettanto immensa, almeno quanto la loro stupidità.

Una pattuglia in gara.

Scusate la digressione, torniamo invece al giro immediato e contestuale alla partenza: è indispensabile perché solo con tutte le piazzole occupate dalle pattuglie, e solo osservando il movimento di queste da una piazzola all’altra, i due Capicaccia e i loro assistenti sono in grado di valutare ad esempio le modalità di trasferimento ed eventualmente rinforzare le bindelle bianco-rosse di segnalazione dell’itinerario da seguire, affiggere qualche cartello in più, controllare la sicurezza e l’efficacia dei battifreccia, eccetera.

Verso mezzogiorno la pioggia si era fatta insistente. Come d’accordo, ci trovammo al tendone del Ristoro per confrontare le nostre osservazioni e giacché c’eravamo mangiare un ottimo tapelucco di cinghiale con polenta saltata, accompagnato da altre prelibatezze: crostini al gorgonzola, alici e salsa verde, fagioli in insalata, torta di mele fatta in casa, il tutto innaffiato da copiosi beveraggi.

Paolo N. e Roberto M.

Intanto, le pattuglie si avvicendavano e così potei scambiare qualche parola con vecchi e nuovi amici. Nonostante la pioggia, la voglia di giocare non mancava, e i commenti furono tutti positivi. Così nell’ulteriore e definitivo giro di ricognizione (confesso di essermi abbastanza risparmiato); così a fine gara.

Escludo per carità di patria il lamento di un noto Dirigente federale che in tutta franchezza non brilla per le caratteristiche degli eventi organizzati da lui; mentre ancora mi frulla nella mente l’invettiva di uno sconosciuto che citando a vanvera regole mai scritte da nessuna parte condannava praticamente l’intera gara perché i bersagli a suo dire erano inclinati rispetto alla perpendicolare teorica freccia/bersaglio. Se penso che in alcuni casi li avevamo trovati troppo piatti, senza per questo permetterci di modificarli visto che il compito del Capocaccia è quello di verificare il rispetto dei Regolamenti e non di interferire con le scelte tecniche ed estetiche dei tracciatori. Così come compito dei due (dico 2, su 144) brontoloni sarebbe stato quello di presentare reclamo, versando la relativa tassa ed attendendo pazientemente il verdetto.

Bagnati e infreddoliti, gli intrepidi partecipanti lentamente chiusero la loro gara e consegnarono gli score più inzuppati di loro. Senza dimenticare di fare un altro giro al Ristoro, dove nonostante l’afflusso di Arciere e Arcieri, cibo e bevande non scarseggiavano. Con l’aiuto dell’immancabile supporto elettronico la classifica fu pronta quasi contestualmente alla consegna degli ultimi score, e velocemente furono proclamati e premiati i vincitori. Questo vuole la competizione, che abbiano vinto 3 persone per categoria.

Gianni Annali (a dx).

Ma permettetemi di dire, avendo organizzato e diretto almeno un centinaio di gare, e partecipato ad almeno altrettante, che in giornate come quella di domenica scorsa vincitori sono stati tutti, brontoloni inclusi. A partire da chi la gara l’ha tracciata ed allestita, passando per quella minuta ma accanita pattuglia di Cuccioli che non si è arresa alla pioggia e al freddo, arrivando ai Capisquadra che hanno sicuramente fatto la loro parte per garantire equilibrio e correttezza. Quanto al podio, e mi perdoneranno le altre e gli altri che per brevità non cito, credo di condividere un sentimento comune a moltissimi arcieri piemontesi continuando anche in queste righe ad applaudire l’inossidabile Gianni Annali e il suo sorriso.

E il mio collega Gino Gattoni, il nostro referente sul campo Riccardo Cassina con tutte le altre e gli altri della 01BULE’, per la serietà del loro impegno e la pazienza con cui hanno condiviso questa bella esperienza, ricca di umidità ma anche di gioia sincera.

Gino Gattoni, Riccardo Cassina, Pino Arpaia.

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